ForumCommunity

Biografia

« Older   Newer »
  Share  
*saffo*
view post Posted on 14/12/2006, 19:25




La pasionaria del punk-folk
di Claudio Fabretti

Ribelle, femminista, anticonformista, Ani Di Franco ha trapiantato in musica l'ideale della "riot grrrl", tra punk e folk. Senza venire mai a patti con il music-business, ma riuscendo ugualmente a vendere milioni di dischi





Ani Di Franco è una cantautrice di Buffalo (New York), venuta alla ribalta negli anni Novanta grazie al suo peculiare timbro vocale, capace di spaziare da rabbiose invettive a momenti di intensa angoscia, e al suo stile anti-conformista, che l'ha resa un'icona femminista e una delle paladine della cultura neo-punk. Abile a farsi largo nel music business senza mai "vendere l'anima", Ani Di Franco ha fatto scandalo, dichiarandosi bisessuale, ma si è sempre chiamata fuori dalle ghettizzazioni.

Ha solo nove anni quando comincia ad esibirsi nei locali di Buffalo, dove conosce Michael Meldrum, un cantante folk che organizza concerti per Suzanne Vega e Michelle Shocked. Meldrum nota subito il suo talento: "Ani stava aspettando per la sua lezione di chitarra in un negozio di strumenti di Buffalo - racconta - e le chiesi di suonare qualcosa. La ragazzina con le trecce lunghe fino alle ginocchia si mise a suonare 'Wondering aloud' dei Jethro Tull e 'St.Louis blues' di W.C Handy. Aveva una gran voce per essere così piccola e si vedeva che non era una chitarrista qualunque". Così a quindici anni, Ani Di Franco decide di tentare la fortuna, andando a vivere da sola. Quattro anni dopo ha già scritto un centinaio di canzoni originali, in bilico tra poesia beat e furia punk. Grande ammiratrice di Woody Guthrie, decide di organizzare un concerto-evento per ricordarlo, con ospiti come Bruce Springsteen e Billy Bragg. E il suo amore per la libertà la porta a fondare una sua etichetta discografica, la Righteous Babe Records. Le sue canzoni professano un femminismo militante, con testi scabrosi e taglienti, che toccano temi come la violenza, lo stupro, l'aborto e il sessismo. Musicalmente, il suo stile è figlio del blues del Delta e del folk degli Appalaci, ma anche del punk e del rock "femminista" alla Chrissie Hynde.



Ani Di Franco aderisce alla corrente delle "riot grrrl", movimento femminista e radicale nato negli Usa, la cui filosofia trova spazio sia nei suoi versi (".ogni arnese può essere un'arma, se tu ti aspetti che lo sia") sia nel suo look (dal taglio dei capelli ai tatuaggi e a piercing sparsi un po' ovunque sul corpo). A 19 anni esce il suo album d'esordio, Ani Di Franco (1990), interamente acustico e dominato da percussioni ossessive, in cui spiccano due brani: "Out of Habit" e "Both Hands". Un anno dopo, arriva Not So Soft, che conferma il suo stile, ma senza lasciare il segno. Più interessante il successivo Imperfectly (1992), in cui il suo rock percussivo dà vita a brani avvincenti come "In Or Out", "Coming Up" e "Served Faithfully", seguito da Puddle Dive e Like I Said, che lasciano intuire nuove prospettive in ambito folk-rock.



Ma l'album che la lancia alla ribalta internazionale è il successivo Out Of Range (1994), forte di brani duri e spigolosi, come la title track, "Building And Bridges", "Face Up And Sing" e "Diner To The Canon", mediati da altri più melodici, come la pianistica "You Had Time". Un incrocio di stili metropolitani e tradizionali che suscita un piccolo terremoto nella scena folk-rock, rivitalizzando un genere quasi spento, con una ruvida vena poetica. "Mi sento davvero figlia dell'esperienza storica del folk - racconta -. A parte i miei ascolti, che mi hanno portato da sempre ad approfondire la cultura tradizionale americana, ho cominciato come tanti folksinger dalle 'coffee house'. Il mio percorso è stato quello di chi parte da una comunità ben definita, per poi cercare di parlare al numero maggiore di persone possibile".
image


La formula viene confermata negli album successivi, dal più lineare Not A Pretty Girl (1995) al più azzardato Dilate, in cui la filosofia "riot grrrl" trova sfogo in brani violenti come "Untouchable Face", "Superhero" e nel folk-rap di "Outta Me Onto You". Successivamente, Ani Di Franco realizza un suo sogno: quello di collaborare con Utha Phillips. Il risultato è The Past Didn't Go Anywhere, album in "spoken word", in cui Phillips recita e la cantautrice si occupa delle musiche. A soli 26 anni, Ani Di Franco può già vantare un primato: oltre 1.300.000 copie dei suoi dischi vendute senza aver avuto il minimo appoggio della grande distribuzione.



Il doppio live Living In A Clip è un saggio del suo talento di performer, prima ancora che di autrice. Little Plastic Castle, invece, presenta un'immagine di donna meno in guerra col mondo e più a suo agio con sé stessa, tra le divagazioni etnico-caraibiche della title track e la febbre di "Fuel" (emula della Patti Smith più nevrotica), quadretti angosciati alla Alanis Morissette ("As Is" e "Swan Dive") e virtuosismi vocali ("Two Little Girls"), fino alla jam conclusiva di "Pulse": 14 minuti di recitato in stile free-form.



Segue un album in tono minore come Up Up Up Up Up Up (1998) e un altro più intrigante, come To The Teeth, con Maceo Parker al sax e al flauto, in cui la forma-ballata prende il sopravvento in brani intensi e graffianti: "Providence" (con la voce di Prince), "Swing", "To the Teeth", "Hello Birmingham", "Back Back Back". E un ulteriore saggio del suo talento è il doppio Revelling/Reckoning (2000), in cui il suo peculiare punk-folk si rivela in tracce intense come "Ain't That The Way", "Old Old Song" e "What How When Where" e conferma l'abilità della Di Franco nel passare dalle atmosfere più veementi a quelle più delicate. "I miei ultimi brani sono più riflessivi - racconta la cantautrice di Buffalo - e rispecchiano la mia età. Ho capito che non è solo urlando contro le difficoltà che queste si possono appianare. Ma non sto vivendo un bel periodo, mi sento immersa nella malinconia. Volevo esprimere una specie di regolamento dei conti con me stessa. A cominciare dalla questione della cosiddetta militanza, termine che non mi piace in astratto, ma che ha senso se significa una ricerca di identità forte". Resta fermo, comunque, il suo rifiuto del music-business: "Mi sforzo di evitare il semplice commercio delle mie canzoni. Ho dovuto confrontarmi con strutture più grandi di me, ma ho sempre trovato gli intermediari giusti. Non giudico chi decide di pubblicare per una major: solo, l'attitudine di quello che canto e scrivo mi porta a cercare di essere autonoma. Ci sono cose più importanti dei soldi, soprattutto quando questi generano un circolo vizioso di cui sono il motore immobile. Si viene sfruttati quasi senza accorgersene". image



Evolve (2002) suggella, per stessa ammissione della Di Franco, la conclusione del viaggio musicale iniziato nel 1999 con Up Up Up Up Up Up. Un "ultimo tango" all'insegna di un folk-rock da camera tratteggiato dalle sue chitarre, dalle tastiere di Julia Wolfe e da una eccentrica sezione fiati. Di Franco veste, a seconda dei momenti, i panni della ribelle angosciata (i dieci minuti della drammatica "Serpentine") o della songwriter intimista ("Welcome To"). Tra le tracce, spiccano anche l'intensa "Icarus", il rhythm'n'blues di "In the Way" e la frizzante "Here For Now", con bizzarre divagazioni in salsa cubana. Dal prossimo disco, a quanto pare, la cantautrice di Buffalo tornerà a schemi più semplici, in linea con i suoi esordi.

Credits by:OndaRock Claudio Fabretti

 
Top
0 replies since 14/12/2006, 19:25   340 views
  Share